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“Prima Persona Plurale”,
i ragazzi che portano la buona musica
in Riviera si raccontano

SAN BENEDETTO - «Abbiamo ragionato così: spendiamo tanti soldi per andare a sentire concerti in giro per l’Italia, perché non usarne altrettanti per portare la musica nella nostra città?». A parlare, tra il serio e il faceto, sono i membri dell'associazione, età compresa fra i 25 e i 30 anni: a loro si deve la ventata di aria fresca sulla scena musicale cittadina
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di Giulia Guarnaccia

“Prima Persona Plurale”, la giovane associazione culturale impegnata nel portare giovane musica (e non) a San Benedetto. Cosa si cela dietro il “noi”? Ce lo hanno raccontato personalmente Matteo D’Angelo, Michele Palmiero e Lucio Traini prima del live della penultima serata del mercoledì al Geko. Suoneranno i Campos, direttamente da Pisa, preceduti dai Brado, nuovo gruppo sambenedettese creato pochi mesi fa.

L’idea è venuta al presidente, Matteo, che l’ha subito condivisa con uno degli altri fondatori, Michele. Quando si pensa ad una associazione di tal genere ci si immagina un gruppo di amici, caratterizzato da una stessa passione comune, che fonda e porta avanti il progetto. In questo caso, invece, è la creazione stessa di Prima Persona Plurale che ha posto le basi per l’amicizia tra fondatori, partecipanti e collaboratori.

Insomma, la passione comune c’era, quella per la musica, ma l’amicizia è nata e cresciuta con l’associazione. Non è forse questo uno dei grandi poteri della musica? La creazione di legami forti. La passione è chiaramente l’elemento fondante, il più importante, ma i membri di Prima Persona Plurale, ragazzi dai 25 ai 30 anni, hanno dato in questi mesi anche prova di coraggio e determinazione. Non è roba da poco mettere in piedi un progetto dal nulla. Bravi.

Avete mai pensato che l’iniziativa fosse folle e azzardata?

Ci rispondono subito con una battuta.

«Abbiamo ragionato così: spendiamo tanti soldi per andare a sentire concerti in giro per l’Italia, perché non usarne altrettanti per portare la musica a San Benedetto? La cosa che non immaginavamo è che con l’associazione non solo abbiamo portato la musica nella nostra San Benedetto, ma abbiamo moltiplicato anche i nostri concerti in giro per l’Italia».

E il nome? Interessante questa tripla lettera “P”, cosa significa?

(Michele) «Quando studiavo a Bologna sono stato ad una riunione per la creazione di una associazione di scienze politiche. Si proponevano vari nomi e quando ho sentito ‘’Prima Persona Plurale’’ ho avuto il sentore che potesse essere perfetto per il nostro lavoro».

Quindi il nome è stato preso in prestito?

«No, direi che è stato rubato con consenso! Comunque sì, era perfetto per ciò che avevamo in mente, cioè ricreare a San Benedetto una cultura dal basso che mirasse ad invogliare la gente ad andare ai concerti, e loro hanno trovato un nome ancora più attinente al loro progetto. Ci abbiamo guadagnato tutti.

Quindi, è il pubblico il protagonista. Chi lo fa il concerto? L’artista, il pubblico, la città, noi: prima persona plurale. Inoltre, uno dei motivi principali è stata la mancanza a San Benedetto di una scena musicale come quella a cui eravamo abituati fino a qualche anno fa. Essendo noi stessi i primi interessati, abbiamo deciso di farlo a nome di tutti, magari coinvolgendo anche artisti locali. Stiamo cercando di far diventare San Benedetto importante sulla scena musicale nazionale, tanto che diventi un vanto per un artista dire: “Ho suonato a San Benedetto del Tronto”. Allo stesso tempo stiamo cercando di offrire un pubblico assiduo e presente ai tanti artisti locali. Più precisamente, vogliamo spingere le persone ad andare a sentire la musica dal vivo a prescindere dalla conoscenza o non conoscenza dell’artista che si esibisce. Andare perché la musica è sempre bella, perché l’atmosfera è bella e per scoprire qualcosa di nuovo».

Quale credete sia un vostro punto di forza?

«Siamo sempre riusciti a creare con gli artisti delle situazioni piacevoli, farli sentire a loro agio, farli divertire. Per noi è bello creare un rapporto, con alcuni artisti ci sentiamo anche dopo. Il rapporto non è né fan–artista, né datore di lavoro–dipendente. Nel momento in cui l’artista è nostro ospite deve stare bene».

E invece il vostro rapporto personale con la musica? Cos’è per voi la musica?

«Il bello della musica, così come guardare un film o leggere un libro, è tutto quel bagaglio di emozioni che ti porti dietro e poi, quando vivi un qualsiasi episodio della tua vita, esce fuori senza che tu te ne accorga. Questa è una cosa potentissima. Ognuno di noi può accostare un elemento bello o brutto della propria vita a una o più canzoni».

Quanto credete sia importante l’attività culturale per una città?

«Quello che noi facciamo a San Benedetto, non solo con l’associazione, ma in ogni cosa riguardante la nostra vita, è anche per amore del territorio. Ognuno di noi ha fatto esperienze fuori San Benedetto. Chi ha studiato, chi ha lavorato fuori… ma siamo rimasti comunque legati a questo territorio. Ognuno di noi sa che quando sarà finita la parentesi di Prima Persona Plurale avremo contribuito anche di poco a migliorare questa città. E per noi sarà un successo».

Quella di oggi è la penultima serata, tirando le somme vi potete ritenere soddisfatti?

«Non c’è stata una serata che non ci sia piaciuta, sono state tutte belle a modo loro. Scontato da dire, ma è così.
Anche nei casi di musica non semplice, la gente è venuta a sentire: è una vittoria. È facile fare i numeri portando l’artista del momento.
Quello che diciamo sempre è che a San Benedetto, in quanto città turistica, non sono mai mancati gli eventi, ogni anno si sono volti quei due o tre concerti grandi di richiamo, come quest’anno Calcutta e i Subsonica. Secondo noi manca la programmazione, la continuità, un luogo di incontro. Un concerto che sia accessibile a tutti perché è gratuito e che coinvolga qualsiasi genere e qualsiasi tipo di pubblico. Questo vogliamo offrire».

Per l’ultima serata del prossimo mercoledì 4 settembre (saranno presenti i Lara) avete in mente qualcosa di speciale? Festeggiamenti?

«Berremo più del solito, questo è sicuro. La cosa bella è che non faremo in tempo a finire che già dovremo buttarci a capofitto su tutti gli altri concerti che abbiamo in programma. Una associazione è funzionante quando non si ferma mai».

A proposito, anticipazioni autunnali e invernali?

«È confermata la collaborazione con l’Edelweiss, probabilmente di venerdì, forse due venerdì al mese. Abbiamo già una lista di artisti che vorremmo contattare, qualcosa già è stato bloccato e continueremo a dare spazio agli artisti locali, perché per noi è importante.

Stiamo spingendo per altre iniziative, come le presentazioni di libri, con collaborazioni con l’associazione “I luoghi della scrittura”, ad esempio. Ma soprattutto, noi siamo nati con l’idea di arrivare a fare un festival a San Benedetto e che ogni anno diventasse più importante. Ovviamente prima ti fai le ossa. Ti fai tanti concerti, cerchi di capire come funziona questo maledetto mondo. Non puoi fare un festival senza sapere come si organizza un concerto. Un conto è viverlo da cliente: vai a un concerto, ti diverti e torni a casa. Magari ti lamenti anche dell’organizzazione. Invece, da quando organizziamo concerti ci siamo resi conto che le cose a cui pensare sono tante. Non è semplice ma è stimolante.
Tanti ci hanno fatto i complimenti per il coraggio, tanti organizzatori di concerti o addetti ai lavori ci hanno detto che era una cosa da matti, ma lo sapevamo già. Noi, in realtà, lo abbiamo preso come complimento».

Cosa direste a coloro che vogliono lavorare nel mondo della musica o semplicemente dare il loro contributo?

«La prima cosa è frequentare gli ambienti in cui si fa la musica».

E a chi ha paura di mettersi in gioco?

«Una passione è tale perché la segui a prescindere. La passione è alla base di tutto, poi in compagnia tutti i lati negativi diventano meno importanti e quelli positivi vengono amplificati».

Ne vale la pena?

«Ne vale la pena».

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